Casse di espansione

Il continuo fenomeno di modificazione d’uso del suolo – che inevitabilmente porta a sottrarre porzioni di territorio all’originaria destinazione agricola con conseguente aumento delle aree impermeabilizzate – pone ai gestori delle reti di drenaggio superficiale, quali i consorzi di bonifica, crescenti problemi in ordine all’incremento dei deflussi provenienti in special modo dalle zone di più recente urbanizzazione industriale ed artigianale.
In passato, infatti, il processo di erosione antropica del territorio – come lo chiamano gli specialisti – non è stato accompagnato dallo stanziamento di fondi per l’adeguamento delle reti dei canali di bonifica, da parte degli enti competenti al finanziamento di tali opere.

I canali pubblici di scolo, dimensionati in origine per servire un territorio prevalentemente agricolo, devono, quindi, far fronte a crescenti valori di portata che, in taluni casi, superano la loro capacità di smaltimento. In queste condizioni, la soluzione per così dire canonica, rappresentata dal ridimensionamento dei cavi esistenti, non è spesso praticabile per evidenti ragioni tecnico-economiche. Si è, quindi, venuta ad affermare la soluzione delle casse d’espansione.
Si tratta di invasi aventi lo scopo di “laminare” le portate in eccesso che si producono in occasione di eventi meteorologici intensi, sottraendole ai canali di scolo e trattenendole per il tempo necessario in relazione alla durata della fase di emergenza.

La mappa delle casse di espansione