Bonifica idraulica di pianura

Con la denominazione “bonifica idraulica di pianura” si intende l’attività di manutenzione, esercizio, tutela e vigilanza di opere di bonifica, svolta nell’ambito di pianura del comprensorio consortile. Si tratta di un’attività fondamentale per garantire condizioni di sicurezza idraulica, produttività, salubrità e ordinato assetto ad un territorio altrimenti vocato al dissesto e all’impaludamento, come testimoniato dalla cartografia storica che lo rappresenta.

Nel comprensorio della Romagna Occidentale, l’ambito di pianura coincide con la vasta area in cui il sistema di scolo delle acque meteoriche è costituito esclusivamente da opere artificiali di bonifica in gestione al Consorzio, data la condizione di pensilità, rispetto al piano campagna, dei corsi d’acqua naturali che l’attraversano. Esso coincide quasi interamente con il bacino idrografico del collettore generale della rete scolante, denominato Canale di bonifica in destra di Reno. L’ambito di pianura si estende per circa 76.000 ettari dalla via Emilia al Reno, tra il Sillaro ed il Lamone. E’ articolato in quattro comparti idraulici: Zaniolo-Buonacquisto, Canal Vela, Fosso Vecchio, Savarna-Sant’Alberto-Mandriole.

E’ un territorio che annovera, sotto il profilo altimetrico, una notevole varietà di situazioni, essendovi ricompresi sia i terreni ad alta giacitura a cavaliere e subito a valle della via Emilia, a quota 40 / 50 m slm, sia i crateri di massima depressione, a quota -1 /- 2 m slm, nelle aree più orientali del comparto Savarna-Sant’Alberto-Mandriole.

Per questo motivo, uno dei primari obiettivi assegnati all’azione di bonifica nel territorio di pianura è la separazione della rete scolante di acque alte dalla rete di acque basse, assolutamente necessaria per garantire ai terreni a giacitura più depressa infrastrutture di scolo autonome, talora servite da impianti idrovori. E’ quanto si è fatto, ad esempio, nel comparto idraulico Canal Vela con le opere realizzate dal Consorzio, finanziate dalla Regione Emilia-Romagna grazie ai fondi resi disponibili dalla legge 61/98 ed alle risorse stanziate nell’ambito del bilancio della stessa Regione.

E’ assolutamente fuorviante pensare che l’azione di bonifica si esaurisca con la costruzione delle infrastrutture di scolo, in parte risalente ai secoli precedenti. In realtà, il riscatto del territorio di pianura da croniche condizioni di deficienza di scolo e di rischio idraulico è una conquista quotidiana, resa possibile dalla continua attività di manutenzione, esercizio e vigilanza delle opere di bonifica esistenti. Senza tale azione, vi sarebbe una rapida regressione alle condizioni primordiali.

Per adempiere alle funzioni di cui è titolare nel territorio di pianura, il Consorzio gestisce attualmente canali artificiali di scolo per uno sviluppo lineare di circa 963 Km, 20 impianti idrovori e più di 1.000 manufatti ed opere di regimazione idraulica quali chiaviche, botti a sifone, paratoie. All’interno della bonifica idraulica di pianura, è collocabile anche l’attività di vigilanza sulle opere di bonifica, finalizzata alla tutela del suolo ed alla sicurezza idraulica. Nell’esercizio di questa funzione, i consorzi sono tenuti ad applicare le disposizioni di polizia idraulica contenute nel R.D. 368/1904, tuttora in vigore.
Queste disposizioni, oltre a stabilire gli atti e fatti vietati in modo assoluto nelle pertinenze di bonifica, individuano le opere che sono ammesse alla condizione che venga rilasciata una concessione da parte del Consorzio.

Questa attività porta il Consorzio ad essere quotidianamente in contatto con i soggetti che richiedono l’esecuzione di interventi nelle pertinenze di bonifica, per i quali occorre il rilascio di concessioni, come, ad esempio, costruzioni di ponticelli, di recinzioni, di tombinamenti, attraversamenti o parallelismi con condotte,immissioni di scarichi di acque ecc..
Assume notevole rilevanza anche l’attività di partecipazione alla pianificazione territoriale, che costituisce lo strumento di collegamento tra il momento del governo, di competenza regionale, e quello della gestione, che caratterizza le funzioni dei consorzi. A tal riguardo, un principio fondamentale che ha già in parte trovato riconoscimento nelle prescrizioni dei piani di bacino è quello della garanzia dell’adeguamento degli strumenti urbanistici al regime idraulico. Sotto questo punto di vista, è rilevante il ruolo che l’istituto consortile è chiamato a svolgere attraverso il rilascio di pareri su nuove urbanizzazioni.

I canali della rete scolante consortile hanno attualmente uno sviluppo lineare complessivo di circa 963 Km: 482 Km di canali di scolo + 481 Km di canali ad uso promiscuo (scolo ed irrigazione). Essi sono tenuti in manutenzione dal Consorzio che vi esegue i lavori di sfalcio  nell’alveo e negli argini, i lavori di espurgo e, secondo necessità, i risezionamenti, le riprese di frane e le difese di sponda. Nei confronti dei canali, il Consorzio svolge anche l’attività di polizia idraulica.
E’ possibile consultare la mappa che raffigura la rete scolante e l’elenco dei canali.

La mappa

Il Canale di bonifica in destra di Reno è il collettore generale della rete scolante del distretto di pianura, vale a dire è il canale in cui confluiscono, direttamente od indirettamente, per essere poi recapitate a mare, quasi tutte le acque dei cavi di bonifica presenti in un vasto territorio i cui confini coincidono, in massima parte, con il Reno a Nord, il Sillaro ad Ovest, il Lamone ad Est e la via Emilia a Sud.
Si può ragionevolmente affermare che il Canale in destra di Reno è l’opera artificiale più importante della Provincia di Ravenna. Esso ha una lunghezza di circa 37 Km e serve un bacino scolante di circa 75.000 ettari. Ha origine al confine tra i Comuni di Argenta (provincia di Ferrara) e Conselice, allo sbocco del collettore Zaniolo, in corrispondenza del manufatto denominato “Botte Selice”, avente funzioni di opera di regimazione. Sfocia a mare in località Casal Borsetti del Comune di Ravenna.

L’asta del Canale in destra di Reno è formata dai seguenti sei tratti significativi:

  • 1° tratto:dalla Botte Selice all’impianto idrovoro Sabbadina
    Lunghezza (km) 1,724
  • 2° tratto: dall’impianto idrovoro Sabbadina alla Botte Santerno
    Lunghezza: (km) 6,964
    Superficie scolante (ha) fino alla Botte Santerno: 22.286
  • 3°tratto: dalla Botte Santerno alla Botte Canale dei Molini
    Lunghezza (km) 5,874
  • 4°tratto: dalla Botte Canale dei Molini alla Botte del Senio
    Lunghezza (km) 4,866
    Superficie scolante (ha) dalla Botte Santerno alla Botte Senio: 23.669,64
  • 5°tratto: dalla Botte Senio al Ponte Chiavica
    Lunghezza (km) 14,133
    Superficie scolante (ha) 25.761,67
  • 6°tratto: dal Ponte Chiavica alla foce
    Lunghezza (km) 3,504
  • Superficie scolante (ha) 1.568

Il Canale in destra di Reno svolge una funzione insostituibile per il riscatto del territorio della bassa pianura ravennate da condizioni di scolo che, prima della sua costruzione, erano assolutamente deficitarie. Tale funzione può essere compresa meglio ripercorrendo le vicende storiche che portarono alle decisione di realizzare l’opera.

Nel distretto di pianura del comprensorio consortile vi sono attualmente 19 gruppi di pompaggio aventi funzioni di scolo meccanico delle acque, a servizio delle aree a giacitura più depressa, impossibilitate a scolare a gravità.
È possibile consultare le schede descrittive di tali impianti e la mappa raffigurante la loro collocazione.

La mappa

Per polizia idraulica si intende l’attività di vigilanza sulle opere di bonifica, finalizzata alla tutela del suolo ed alla sicurezza idraulica. E’ un’attività definibile di prevenzione, che si affianca alla manutenzione nel perseguire l’obiettivo di assicurare la piena funzionalità delle opere consortili.

Nell’esercizio delle funzioni di polizia idraulica, i consorzi sono tenuti ad applicare le disposizioni del R.D. 8 maggio 1904, n. 368 (“Regolamento sulle bonificazioni delle paludi e dei terreni paludosi”, comunemente detto “Regolamento di polizia idraulica”), tuttora in vigore.

Queste disposizioni, oltre a stabilire gli atti e fatti vietati in modo assoluto nelle pertinenze di bonifica (art. 133), individuano le opere che sono ammesse alla condizione che venga rilasciata una concessione od una licenza da parte del Consorzio (artt. 134-135), qualora non arrechino un riconosciuto pregiudizio all’opera pubblica.
Questa attività porta, quindi, il Consorzio ad essere quotidianamente in contatto con i soggetti che richiedono l’esecuzione di interventi nelle pertinenze di bonifica, per i quali occorre il rilascio di concessioni, come, ad esempio, costruzione di ponticelli, di recinzioni, di tombinamenti, attraversamenti o parallelismi con condotte, immissioni di scarichi di acque ecc..

Esempi di divieto assoluto

Tra i “lavori, atti, fatti vietati in modo assoluto” stabiliti dal R.D. 368/1904, si citano ad esempio le edificazioni di fabbricati nell’alveo dei cavi di bonifica ed in una fascia laterale agli stessi. Tale fascia ha una larghezza variabile da 4 a 10 metri – a seconda dell’importanza del canale -, misurata dal ciglio se trattasi di canale in trincea o dal piede esterno della scarpata arginale se trattasi di canale arginato.
L’attributo “assoluto” con cui viene qualificato il divieto sta a significare che la norma non è derogabile in alcun caso, neppure nell’ambito delle procedure di rilascio delle autorizzazioni in sanatoria, previste dalle norme sul condono edilizio. Lo scopo evidente del divieto è quello di consentire il mantenimento di una fascia di rispetto libera da ostacoli, in cui gli addetti alla bonifica possano transitare con i mezzi d’opera ed eseguire gli interventi manutentori.

Altro divieto assoluto riguarda le lavorazioni agricole – quali arature, sarchiature ecc., o aperture di scoline – in una fascia della larghezza di 2 metri, misurata dalla stessa linea di riferimento da cui si determina la fascia di inedificabilità. È, infatti, intuitivo che questi interventi costituiscono una causa di progressivo indebolimento delle scarpate interne e dei corpi arginali. Essi concorrono alla formazione di smottamenti, frane, rigonfiamenti, tutti fattori che determinano la riduzione dell’area utile dell’alveo e il suo interrimento accelerato.

Le conseguenze più immediate sono rappresentate dalla perdita del franco di bonifica e dall’allungamento dei tempi di deflusso, per non parlare delle ripercussioni di carattere economico. In effetti, l’azione di riparazione di tali inconvenienti comporta notevoli spese per l’Ente, che incidono fortemente sull’impiego delle risorse disponibili in bilancio, procurate con la riscossione dei contributi a carico dei consorziati.

Accanto alle fattispecie di divieto assoluto, vi sono, come detto, le opere ammesse alla condizione che venga emanato dal Consorzio un apposito provvedimento di concessione. Si tratta di un provvedimento di natura precaria e temporanea, di competenza dell’organo deliberante del Consorzio, contenente un disciplinare in cui vengono specificate le prescrizioni esecutive e le altre condizioni imposte al concessionario. In particolare, l’art. 137 del R.D. 368/1904 stabilisce che: “…senza che poi sia necessario ripeterlo nell’atto, si intendono tali concessioni e licenze in tutti i casi accordate:
a) senza pregiudizio dei diritti dei terzi;
b) con l’obbligo di riparare tutti i danni derivanti dalle opere, atti o fatti permessi;
c) con la facoltà del concedente di revocarle o modificarle od imporvi altre condizioni;
d) con l’obbligo di osservare tutte le disposizioni del testo unico di legge, nonché quelle del presente regolamento;
e) con l’obbligo al pagamento di tutte le spese di contratto, registrazione, trascrizioni ipotecarie, quando siano ritenute necessarie dal concedente per la durata della concessione, copie di atti, ecc.;
f) con l’obbligo di rimuovere le opere e rimettere le cose al pristino stato al termine della concessione e nei casi di decadenza della medesima”.

In questa materia, il Consorzio, nell’esercizio del proprio potere regolamentare derivante dal principio di autogoverno che lo contraddistingue, ha emanato un “Regolamento per le concessioni precarie e le licenze”. Esso è stato approvato dal Consiglio d’Amministrazione dell’Ente con provvedimento n. 11 in data 24 giugno 1996, controllato senza rilievi dal Comitato Regionale di Controllo, cui sono seguite alcune delibere modificative ed integrative.

Altre fonti normative in materia sono il Piano Stralcio per il Bacino del Torrente Senio, emanato dall’Autorità di Bacino del Reno, pubblicato nel BUR dell’Emilia-Romagna n. 69 del 19 aprile 2000 ed il Piano Stralcio per l’assetto Idrogeologico, emanato dalla stessa Autorità, pubblicato nel BUR dell’Emilia Romagna n. 70 del 14 maggio 2003. Tali strumenti, oltre ad aggiornare l’ordinamento dei divieti nei riguardi delle reti idrografiche, stabiliscono importanti prescrizioni cui sono soggette le nuove urbanizzazioni.
In sintesi, si stabilisce che l’effetto delle nuove urbanizzazioni in termini di maggior carico idraulico deve essere neutralizzato da apposite opere di adeguamento, sulle quali, nei casi in cui è coinvolta la rete idrografica di bonifica, è chiamato ad esprimersi il Consorzio mediante il rilascio di pareri.

L’obiettivo è di garantire la cosiddetta “invarianza idraulica”, cioè di evitare che la trasformazione del suolo prodotta dalle urbanizzazioni determini una sofferenza nella rete scolante.
Nell’ambito dell’organizzazione consortile, vi è un apposito settore dedicato all’istruttoria delle domande di concessione/licenza/parere ed al controllo della corretta esecuzione delle opere autorizzate. Esso è il settore “Concessioni – Polizia Idraulica”, facente parte dell’area organizzativa tecnico-agraria. L’attività di vigilanza sul rispetto delle norme del regolamento di polizia idraulica e di elevazione dei verbali di contravvenzione è esercitata dai dipendenti consorziali aventi la qualifica di addetti di polizia idraulica, acquisita a seguito di apposito giuramento prestato in conformità della legge.

Il continuo fenomeno di modificazione d’uso del suolo – che inevitabilmente porta a sottrarre porzioni di territorio all’originaria destinazione agricola con conseguente aumento delle aree impermeabilizzate – pone ai gestori delle reti di drenaggio superficiale, quali i consorzi di bonifica, crescenti problemi in ordine all’incremento dei deflussi provenienti in special modo dalle zone di più recente urbanizzazione industriale ed artigianale.
In passato, infatti, il processo di erosione antropica del territorio – come lo chiamano gli specialisti – non è stato accompagnato dallo stanziamento di fondi per l’adeguamento delle reti dei canali di bonifica, da parte degli enti competenti al finanziamento di tali opere.

I canali pubblici di scolo, dimensionati in origine per servire un territorio prevalentemente agricolo, devono, quindi, far fronte a crescenti valori di portata che, in taluni casi, superano la loro capacità di smaltimento. In queste condizioni, la soluzione per così dire canonica, rappresentata dal ridimensionamento dei cavi esistenti, non è spesso praticabile per evidenti ragioni tecnico-economiche. Si è, quindi, venuta ad affermare la soluzione delle casse d’espansione.
Si tratta di invasi aventi lo scopo di “laminare” le portate in eccesso che si producono in occasione di eventi meteorologici intensi, sottraendole ai canali di scolo e trattenendole per il tempo necessario in relazione alla durata della fase di emergenza.

La mappa